Articolo tratto da: "Il Mattino" Assunti a tempo determinato nel mese di aprile, vengono sistematicamente congedati a dicembre: poco prima della fine dell’anno. Una sorta di ”ultimatum” che i dipendenti vivono ormai come una sorta di incubo. Durante il periodo di impiego che viene loro concesso, riescono a maturare a malapena le giornate lavorative (poco più di 150) per percepire l’assegno di disoccupazione. E non percepiscono affatto un lauto stipendio, anzi. Complessivamente ricevono in media poco più di settecento euro mensili, a parte gli assegni familiari, e fanno veramente fatica a tirare avanti con la famiglia. Sono quasi tutti sposati con figli e qualcuno a causa di questo stato di precarietà rischia anche di ammalarsi. Non è facile vivere con lo spettro della disoccupazione in agguato, nè rassegnarsi a una perpetua precarietà. Gli operai effettuano lavori di vario genere, tutti di grande importanza per l’ambiente: dalla riforestazione alla manutenzione, alla pulizia dei canali e dei boschi, anche per conto dei vari Comuni. «Non ce la facciamo più ad andare avanti così» affermano in coro Egidio, Antonio e Calogero (nella foto), operai di Sapri . «Dobbiamo pagare la pigione per la casa, abbiamo i figli che vanno a scuola e che ci chiedono il regalo per Natale e facciamo veramente fatica ad andare avanti. Così, ci tolgono la dignità di essere padri. Chiediamo di essere regolarizzati come ci promettono da anni e finirla di essere schiavi: perché lavorare in questo modo è una schiavitù» . ma.fo. | ||
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